di Velia Volpi *
Lo yoga attribuisce grandissima importanza all’atto della respirazione. Per mezzo del respiro e del suo controllo infatti si possono raggiungere benefici sia psichici sia fisici e preparare l’individuo ad ottenere la calma e la serenità necessaria per la meditazione: successivo gradino verso la liberazione.
Le tecniche respiratorie che fanno del respiro un atto volontario sono identificate con la parola sanscrita pranayama. Il suo significato secondo alcuni è: pausa del movimento del respiro secondo altri: dominio del prana o forza biomotrice (Patrian, 1986, p.159).
Sempre per la “fisiologia sottile” dello yoga il prana è ciò che si definisce la vera essenza dell’aria, l’energia vitale diffusa in essa e che, introdotta nel nostro organismo, diventa il soffio vitale.
Ogni forza si fonda sul prana: quella di gravità, quella di attrazione, quella di repulsione, l’elettricità, la radioattività. Secondo la dottrina yoga, ciò che caratterizza la vita, è la capacità di attivare il prana dentro di sé, accumularlo e trasformarlo al fine di permettere l’azione nell’ambiente interno di un individuo e nel mondo esterno (Andre Van Lysebeth, 1973, p.17 e seg.).
Se respirare è vivere, imparare a respirare nel modo giusto, significa vivere meglio. Purtroppo l’uomo occidentale non sa respirare, o meglio ancora riserva a questa funzione importantissima, quel tanto che basta a tirare dentro il fiato indispensabile per stare in vita.
La prima regola fondamentale, della respirazione yogica, è quella di respirare con il naso. Ciascuno di noi ordinariamente respira con la bocca, deprivando il naso di quelle funzioni primordiali di cui la natura stessa lo ha provvisto. I mezzi di difesa insiti nel naso servono prima di tutto a non far entrare, nel nostro organismo, le impurità contenute nell’aria. Infatti, questo organo, con le sue conche turbinate, tappezzate da un’infinità di ultrasensibili recettori nervosi, è in grado di rivelare le variazioni qualitative dell’aria. (Fazzari, 1974, cap. IX)
La fisiologia del respiro concepita dallo yoga prevede, oltre al normale elemento dell’aria, anche delle correnti energetiche con polarità diverse. A questo proposito insegna che la narice sinistra permette l’entrata d’energia negativa, lunare o IDA; la narice destra quella positiva, solare o PINGALA.
Riappropriarsi della funzionalità del naso, al di là dalla sua funzione olfattiva, quindi, dell’uso di entrambe le narici, implica un perfetto riequilibrio di queste due correnti. (Evola, 1994, p.192).
E’ importante, prima di ogni esercizio respiratorio, appurare che entrambe le narici siano libere; infatti, non ci accorgiamo mai che frequentemente respiriamo da una narice sola. Per determinare una giusta apertura delle condotte nasali, la pratica yoga prevede un adeguato esercizio di respirazione detta alternata o di IDA e PINGALA. Riteniamo a questo punto importante descrivere brevemente questa tecnica: si piegano nel palmo indice e medio della mano destra, anulare e mignolo distesi; a questo punto con il pollice occludiamo la narice destra inspirando con la sinistra che verrà chiusa a sua volta dall’anulare e dal mignolo.
Dopo una breve ritenzione del respiro alzando il pollice espiriamo dalla narice destra inspirando subito dopo dalla stessa, chiudiamo nuovamente con il pollice riteniamo l’aria per qualche secondo per espellerla poi dalla narice sinistra sollevando l’anulare e il mignolo e continuando in questa alternanza.
La seconda regola per una respirazione corretta consiste nella profondità del respiro.
La fisiologia insegna che esistono tre tipi di respirazione in rapporto alle zone alta, media, bassa del polmone: la respirazione alta o clavicolare, la respirazione media o toracica, la respirazione bassa o addominale e diaframmatica. Il diaframma è il robusto setto muscolare che separa gli organi addominali da quelli toracici: dalla sua mobilità dipende tutto l’apparato respiratorio. (Fazzari, 1974, cap. IX )
La respirazione clavicolare è tipica delle donne: non solo per le differenti strutture anatomiche del torace maschile e femminile, ma anche per l’uso, solitamente per motivi estetici, che la donna fa di busti e fasce elastiche. Questo tipo di respirazione utilizza solo la parte alta del polmone, che è anche la più piccola, per cui avremo una quantità di aria incorporata molto ridotta e il respiro sarà veloce per compensare il fabbisogno d’aria.
La respirazione toracica è quella normalmente usata da tutti gli individui quando, per esempio, vivono in locali chiusi (cinema, teatro, ambienti con aria viziata). In questo caso è la natura che mette in guardia contro un’ispirazione profonda: ciò provocherebbe assorbimento di aria senza ossigeno; al contrario ogni qualvolta l’uomo trova un ambiente dove l’aria è più pulita respirerà a pieni polmoni.
La respirazione bassa o addominale è quella praticata dagli individui coricati in posizione di riposo. Il diaframma si abbassa sempre più, comprime gli organi addominali verso il basso, permettendo cosi alle basi polmonari di distendersi e in questo modo fornire una maggiore superficie di scambio e una migliore ossigenazione del sangue. Quest’ultima respirazione è migliore rispetto alle altre due, non a caso, infatti, è associata a momenti di relax e a momenti di distensione corporea. La divisione dei vari tipi di respirazione, nella pratica respiratoria quotidiana non dovrebbe sussistere, in quanto una sana respirazione dovrebbe permettere il riempimento totale dei polmoni. La respirazione yoga ha lo scopo di ripristinare il giusto equilibrio respiratorio e far apprendere la consapevolezza delle grandi possibilità di cui l’organismo dispone.
Altro principio importante della respirazione yoga è il ritmo. Esso regola gran parte della nostra vita: i ritmi cardiaci e respiratori sono infatti fondamentali per la vita dell’uomo. A ciascuna delle nostre attività, corrisponde un tipo di respirazione che gli è propria: il respiro di chi corre non è certo uguale a quello di chi sta in poltrona; il ritmo della veglia differisce da quello che manifestiamo nel sonno.
Si ricavano inoltre correlazioni sottili tra respiro e attività intellettuale ed emotiva: l’uomo in collera respirerà diversamente dall’ansioso; la respirazione dell’uomo felice sarà molto più lenta di quella del nevrotico. La respirazione alternata spiegata precedentemente è un esempio di respirazione ritmica.
Imparare a differenziare il respiro nelle tre zone: addominali, toraciche, clavicolari, permette un giusto movimento, una respirazione sana e naturale.
Un ultimo principio della respirazione yoga è l’arresto del respiro. Esso può essere effettuato alla fine dell’inspirazione, in altre parole a polmoni pieni (ritenzione del respiro) o al termine dell’espirazione, cioè a polmoni vuoti (sospensione del respiro). Nell’esperienza comune notiamo come tutte le volte in cui si deve esercitare un controllo, sia sui movimenti sia sulle emozioni, venga naturale fare una lunga inspirazione o trattenere il respiro per ottenere una concentrazione maggiore.
Lo yoga insegna che l’arresto del respiro è un momento indispensabile, perché permette di impiegare bene e consapevolmente l’ossigeno e il prana inspirati; mantenendo così in equilibrio le due correnti positive e negative. La respirazione stessa è un alternarsi di stati negativi e positivi; nell’inspirazione ci troviamo in uno stato negativo in quanto prendiamo dall’ambiente l’aria che ci serve, nell’espirazione invece, siamo in fase positiva, perché è il soggetto che emette il respiro. Il trattenerlo, costringe l’individuo a stabilire sé stesso come centro, o almeno a collegare, anche se per poco tempo, le due energie. Lo stato di equilibrio permette una purificazione degli alveoli polmonari stimolandoli a lavorare nel migliore dei modi.
In questa parte abbiamo sottolineato l’importanza di una respirazione corretta e controllata in rapporto ai benefici fisici e psicologici ad esso legati, il pranayama è assunto inoltre, nella pratica del tantra yoga, come mezzo fondamentale per il risveglio dell’energia vitale che dorme in kundalini.